Dell'avventura del chierico pietrificato
I due prodi della Mandria proseguirono stentatamente lungo i tornanti per un certo tratto di strada.
Nonostante la fame si facesse sentire, nessuno dei due volle fermarsi a mangiare, Don Cyshiter per il troppo dolore alla mandibola e Sergio Zanca per paura di incappare in qualche controllo delle forze dell'ordine, dopo i numerosi incidenti di cui erano stati protagonisti.
«Le sfighe che ci sono capitate,» disse lo scudiero in una delle frequenti pause, «secondo me sono colpa del tuo spergiuro. Avevi giurato di fare penitenza finché non trovavi un casco, no? E io te l'avevo detto che non si giura così tanto per fare, che poi ti tiri la sfiga addosso.»
«Hai ragione, o Sergio, e in verità ti dirò che questo m'era uscito di mente. Ho pagato il castigo per la mia smemoratezza e tu per non avermene ricordato prima. Ma farò ammenda e Selune dimostrerà la propria misericordia.»
Intrattenendosi in questi e simili discorsi e rinfrancati dalla frescura montana proseguirono oziosamente tutto il giorno lungo i tornanti, costeggiando quell'arco alpino che fa ben capire da dove proviene il nome "Piemonte".
La notte li colse infine in una strada lontana dai centri urbani, con gli stomaci che protestavano rumorosamente, perché con la perdita delle bisacce erano mancate anche tutte le provviste, l'unica cosa che Sergio sparasse era di trovare una piola ancora aperta, ma ad onta di ciò li si fece invece incontro una nuova avventura.
Non era ancora sorta la luna e la notte era più scura dell'ordinario, videro avvicinarsi una serie di lumi in processione, come stelle che si muovessero. Si fermarono e stettero a guardare il lento appropinquarsi di quelle luci, che si facevano più grandi via via che si avvicinavano e sembravano accompagnati da strane litanie.
Sancio prese a tremare e Don Cyshiter, non senza qualche turbamento, disse:
«Questa senza dubbio deve essere una grandissima e pericolosissima avventura, in cui sarà necessario che io mostri tutto il mio valore.»
«Povero me,» rispose Sergio, «non credo di avere altre costole da rompere per sopportare un'altra avventura, tanto più se si tratta di fantasmi come mi sembra.»
«Non temere, fantasmi o no, non permetterò che ti si tocchi un pelo della barba; che se stamattina si son presi burla di te è stato solo perché non ho potuto scavalcare la siepe, ma qui siamo in campo aperto e posso brandire liberamente la spada.»
«Ma se sono fantasmi la spada servirà a poco.»
«Comunque, Sergio mio, ti chiedo di farti forza, e presto vedrai quanto io valga.»
Intrattenendosi in questi e simili discorsi e rinfrancati dalla frescura montana proseguirono oziosamente tutto il giorno lungo i tornanti, costeggiando quell'arco alpino che fa ben capire da dove proviene il nome "Piemonte".
La notte li colse infine in una strada lontana dai centri urbani, con gli stomaci che protestavano rumorosamente, perché con la perdita delle bisacce erano mancate anche tutte le provviste, l'unica cosa che Sergio sparasse era di trovare una piola ancora aperta, ma ad onta di ciò li si fece invece incontro una nuova avventura.
Non era ancora sorta la luna e la notte era più scura dell'ordinario, videro avvicinarsi una serie di lumi in processione, come stelle che si muovessero. Si fermarono e stettero a guardare il lento appropinquarsi di quelle luci, che si facevano più grandi via via che si avvicinavano e sembravano accompagnati da strane litanie.
Sancio prese a tremare e Don Cyshiter, non senza qualche turbamento, disse:
«Questa senza dubbio deve essere una grandissima e pericolosissima avventura, in cui sarà necessario che io mostri tutto il mio valore.»
«Povero me,» rispose Sergio, «non credo di avere altre costole da rompere per sopportare un'altra avventura, tanto più se si tratta di fantasmi come mi sembra.»
«Non temere, fantasmi o no, non permetterò che ti si tocchi un pelo della barba; che se stamattina si son presi burla di te è stato solo perché non ho potuto scavalcare la siepe, ma qui siamo in campo aperto e posso brandire liberamente la spada.»
«Ma se sono fantasmi la spada servirà a poco.»
«Comunque, Sergio mio, ti chiedo di farti forza, e presto vedrai quanto io valga.»