Capitolo 18

Dove si raccontano i discorsi che passarono tra Sergio Zanca e Don Cyshiter, con altre avventure degne di essere ricordate

Sergio raggiunse il suo compare, ma così debole e rintronato che gli mancava persino la lucidità per far andare lo scooter. Vedendolo rovinato a quel modo, Don Cyshiter gli disse:
«Ora Sergio, amico mio, sono certo che quel palazzo, o forse ostello, sia maledetto. Non potevano che essere demoni dei Nove Inferi quelli che si sono presi così giuoco della tua persona. E tanto più lo credo che mentre guardavo quei terribili affronti da sopra la cancellata, non mi è stato possibile scavalcarla per correre in tuo soccorso, né scendere da Sgommodura.
Ti giuro da paladino che sono, che se avessi potuto raggiungervi ti avrei vendicato in modo tale che quei malvagi si sarebbero ricordati di tale burla per il resto delle proprie esistenze.»
«Io pure mi sarei vendicato se avessi potuto, paladino o no. E stai sicuro che quelli che mi hanno conciato così non erano demoni né Ianguesi, ma persone come me e te. E se non hai potuto scavalcare la siepe non era per un incantesimo, ma per qualche altra ragione.
Quello poi che so io è che queste avventure che facciamo ci porteranno a tanti malanni che a un certo punto non distingueremo più la destra dalla sinistra.
La cosa migliore secondo me sarebbe tornarcene alla Mandria, che in questa stagione è piena di faggianelle che prendono il sole nei prati, prima di passare dalla padella alla brace.»
«Tu conosci ben poco della vita dell'avventuriero.
Taci e abbi sofferenza, che verrà il giorno in cui vedrai coi tuoi stessi occhi quanto ti farà grande l'esercizio di questa professione.
E dimmi di grazia: qual maggior contento può esserci che quello di trionfare su un nemico di Grado Sfida estremo? Nessuno senza dubbio.»
«Sarà così, che io di queste cose non ne capisco niente, ma intanto da quando siamo avventurieri non abbiamo vinto nessuna battaglia apparte quella col tizio dell'automobile, e anche da lì ne sei uscito con mezza orecchia in meno. Dopo di quello tutto è andato avanti a bastonate e cazzotti e io, in più, sono stato sbalzato su una coperta da delle persone indemoniate su cui non posso vendicarmi. E perciò non so ancora quanto sia bello vincere un nemico, come dici te.»
«Questo è il rammarico che sento io, e che devi provare tu pure, o Sergio. Ma mi procurerò al più presto una spada benedetta +3 che mi permetta di ferire qualsiasi creatura, anche immateriale, e che magari mi conferisca un bonus ai Tiri Salvezza contro gl'incantesimi. Sarò come il cavaliere nero Gatsu, la cui spada intrisa del sangue di mille esseri immondi gli permette di guerreggiare contro i peggiori demoni.»
«Con la fortuna che c'ho io, se anche trovassi una spada così, verrebbe fuori che la possono usare solo i paladini, e io mi ritroverei nella merda, proprio come è successo con la Pozione di cura.»
«Non temere di questo, che la sorte non sarà così severa con te.» Lo incoraggiò l'amico.

Viaggiavano lentamente per la strada di montagna, fermandosi sovente per intrattenersi in questi discorsi e riposare.
Ad un certo punto si sentì provenire da oltre una macchia d'alberi un tintinnare di campanacci, profondi muggiti e una serie di striduli belati. Il paladino si fermò e tese l'orecchio.
«Sergio, questo è il giorno in cui s'ha da conoscere il fato destinatomi e il valore del mio braccio.
Odi tu questi suoni in lontananza? Sappi che anticipano l'appropinquarsi di eserciti poderosissimi.»
Erano chiaramente i versi di un gregge e una piccola mandria al pascolo, ma Don Cyshiter sosteneva con tanta fermezza che si trattasse di un esercito che finì per crederlo anche Sergio.
«E quindi noi che facciamo? Filiamo, no?»
«Che?! Prestiamo assistenza ai giusti!
Devi sapere che questi rintocchi che senti sono le campane dei Monaci della Peste di un clan Skaven, salito in superficie per depredare e corrompere gli abitanti di queste valli.
Questi corni da guerra che odo rimbombare non possono che appartenere invece ai fieri Nani di Karaz-a-karak, capeggiati da Thorgrim Portarancore in persona.
Deve apprestarsi un fiero scontro se i Nani sono usciti dalla loro roccaforte. Probabilmente essi soli ormai si frappongono fra gli abitanti della Valle e l'orda di topi infetti che vuole aggredirli.»
«Io i topi non li ho mai potuti sopportare, se proprio devo preferisco aiutare i nani di Kakakazz, che già mi sembra non sia stato carino da parte dei valligiani mandare dei nani a fare la disinfestazione.»
«Questo è un fiero parlare, Sergio!» E così dicendo Don Cyshiter fece per imboccare una stradina ripida e sterrata che i allontanava dalla provinciale in direzione del pascolo.
«Aspetta che parcheggio lo scooter, ho paura che si rovini sul sentiero.» Lo fermò Sergio.
«Effettivamente non ho mai letto che qualcuno scendesse in guerra con una cavalcatura come la tua, ma non ti crucciare: dopo la battaglia i Nani ci saranno così grati che probabilmente potrai guidare un girocottero.
Aspetta però, prima di caricare è bene che io ti illustri le forze in campo. Tendi l'orecchio e cerca di distinguere fra il fragore della pugna:
Questi urli di battaglia sono di certo gli Sventratori che si lanciano all'attacco colle loro asce, mentre il clangore di metallo è il cozzare delle armature degli Spaccaferro, difensori impenetrabili.
Ecco senti questo rombo di motore?»
«Sì, è il trattore che ci ha sorpassato poco fa...»
«No, ignorante. Sono i girocotteri che volteggiano sul campo di battaglia, supporto aereo ideale contro le truppe dell'orda Skaven.»
«Ah, ma sei sicuro?»
«Senza fallo.
Ma dall'altra parte giungono gli abominevoli squittii dei Ratti-Ogre, e già si sente il tanfo rivoltante degli Incensieri della peste.»
«È vero, sembra proprio puzza di m...»
«Silenzio, Sergio!» Lo interruppe con un dito sulla bocca. «Senti qualche rumore provenire da quei cespugli?»
«No, niente.» Rispose dopo un attimo di attenzione.
«Questo perché gli Assassini Skaven sono silenziosissimi quanto letali. Presta attenzione, per individuarli occorreranno tutte le tue abilità di ladro.»
«Aspetta, insomma, ladro... sei tu che hai detto per primo che non dovevamo pagare l'ostello.
Comunque io ho l'impressione che là ci siano pecore e mucche più che altro.»
«Questo perché la paura ti sconvolge i sensi; è comprensibile da parte di chi non si è mai scontrato in campo aperto.
Ora se sei così dappoco, ritirati, che io solo basterò a ricacciare queste immonde creature nel sottosuolo.»

Don Cyshiter chinò il capo, non potendo calare la visiera, e lanciò Sgommodura per il sentiero. Sergio Zanca lo seguì, e dopo poche decine di metri aggirarono una macchia d'alberi e sbucarono nel prato.
«Ferma, ferma!» Gridò lo scudiero vedendo le bestie al pascolo. «Non sono topi né nani, ci sono solo pecore e vacche. Fermo che ti prendono a cornate!»
Don Cyshiter passò accanto ai bovini e si rivolse loro agitando la sua supposta lancia.
«Fieri figli di Thorgrim rincuoratevi. Ora aprirò una breccia tra le fila nemiche e potrete irrompere sgominandoli. A me Sventratori, seguitemi e non temete il Ratto Cornuto!» Appena dette queste parole si lanciò contro lo squadrone delle pecore e cominciò a investirle con la stessa furia di un vero cavaliere in carica.
Con le ruote investì una pecora e ne colpì un'altra di punta con la lancia.
«Ma che fai?! Fermo!» Gridava Sergio Zanca. «Non hai visto che non ci sono i topi e nemmeno i giorgiotteri?!»
Al limitare del prato, al fresco fra le fronde di un albero, pisolavano due allevatori, che si levarono spaventati al suono dei motori, delle grida degli avventurieri e dei terribili belati delle pecore travolte. Corsero incontro al paladino in moto, urlandogli di fermarsi, ma questi non prestava orecchio né a loro né al suo scudiero.
«A morte il Veggente Grigio!» Urlava, e si gettava in una nuova carica.
I pastori allora raccolsero delle pietre da terra e cominciarono a bersagliare Don Cyshiter.
«Attenzione al fuoco di rattagliatrice!» Una pietra lo colpì su una mano, un'altra sulle costole, infine con un sasso ben levigato lo centrarono su una guancia.
Stordito e incapacitato ad usare i freni, il paladino finì fra gli alberi e di lì continuò in un periglioso quanto involontario tragitto fino a ritrovarsi più a valle sulla strada asfaltata, dove scivolò e coricò la moto.
Gli allevatori ,spaventati per l'aggressione e per la possibilità che il motociclista si fosse ammazzato, si preoccuparono di soccorrere le bestie, più che di chiamare le forze dell'ordine o correre dietro al vinto per inasprire la vendetta.
Sergio Zanca poté così raggiungere il proprio amico.

«Te l'avevo detto di tornare indietro, che stavi assalendo delle pecore!»
«Questa è tutta opera del mio nemico Voldemort. Per i maghi è facile creare illusioni a proprio piacimento, ed è in questo modo che mi perseguita. Invidiando la gloria che avrei potuto ricavare dal vincere la battaglia, ha trasformato l'esercito nemico in un gregge.
E per convincertene fai una cosa: torna indietro senza farti accorgere e vedrai come quelli che ti sono apparsi montoni siano chiaramente orde di malevoli Skaven.
Ma no, dai, non andare proprio adesso, ho bisogno della tua assistenza.»
Con l'aiuto dello scudiero, Don Cyshiter recuperò la bottiglietta con quanto restava della Pozione di cura e la svuotò con due sorsi.
Tastandosi poi la mascella, che cominciava a gonfiare notevolmente, disse:
«Mi sembra che un molare si sia spostato dalla sede; accostati di grazia, guarda se si sta staccando.»
Sergio si avvicinò quasi da mettergli gli occhi in bocca, ma fu quello il momento in cui il balsamo fece effetto sullo stomaco del paladino, il quale cominciò a rigettare come un drago sputafuoco sulla faccia del compassionevole scudiero.
«No, no, pure questa no!» E fu tale il disgusto, che prese lui pure a rovesciare le budella sul suo compagno.
Superato lo sgomento Sergio andò verso lo scooter per prendere dalle bisacce di che pulirsi. Solo allora si rese conto di aver lasciato all'ostello i propri bagagli e sbottò in una crisi isterica.
Bestemmiava, imprecava e si riproponeva di abbandonare quello sfigato di Ciscitta a costo di perdere l'harem promessogli.
Si risollevò allora Don Cyshiter, pesto, inzaccherato ma fiero, e si avvicinò all'amico, che, sfogata la rabbia, se ne stava poggiato sul suo Grigio.
«Sappi, o Sergio, che un uomo non è migliore di un altro se non fa di più. Tutte queste disgrazie che ci accadono sono segnali che il cielo sta per rasserenarsi e le cose cambieranno in meglio, poiché i dadi rimbalzano e quello che oggi ci mostra un 1, domani ci regalerà un 20 naturale.
Non ti frustrare delle disgrazie che ci accadono, e di cui comunque non sei partecipe.»
«Non sono partecipe?! Non era il figlio di mia madre quello che è stato sbalzato con la coperta? E di chi erano le borse che sono sparite?»
«Sono sparite le bisacce?
Suvvia non ti preoccupare di ciò; Selune provvederà ai nostri bisogni, dal cibo all'equip; non siamo in lande barbare, dove sia necessario un tiro di Sopravvivenza.
Fai strada tu e scegli dove fermarci, che il prossimo pasto lo offro io.
Così fece Sergio, a cui evidentemente nemmeno una doccia di vomito poteva togliere l'appetito. Si avviarono lentamente e insieme al cammino ripresero la speranza, tanto che Sergio si impegnò a chiacchierare per distrarre Don Cyshiter dai dolori alla mascella.

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