Capitolo 25

Degli estenuanti allenamenti cui si sottopose nel Cusio il valoroso paladino della Mandria

Don Cyshiter ripartì spingendo la moto, seguito di malavoglia da Sergio che dentro di sé rimuginava diversi pensieri.
«Avrei un po' di cose da dire, ma poi va a finire che tu ti incazzi e mi pigli a bastonate in testa se non sto zitto, manco fossi il tuo servo. Mi vien voglia di tornarmene da mia madre, ma tanto pure lei usava il battipanni quando dicevo qualcosa che non le andava.»
«Ho capito Sergio, ti è sorto quell'irresistibile impulso di lamentarti che a tratti ti coglie, come la fame e la sete. Né posso biasimarti più di tanto, essendo esigenza tipica della terra in cui nascesti, e essendo ormai giorni che ti ritrovi nell'impossibilità di scrivere vacue lamentele su Facebook.
Parla dunque, e ti ascolterò con la tolleranza con cui accolsi il tuo suggerimento di fuggire le ritorsioni di quegli indegni rappresentanti della legge. Ma bada che tale grazia si intende fatta solo fintanto che ci aggireremo per queste amene montagne.»
Cominciando immediatamente a godere del beneficio di quel salvacondotto, Sergio chiese:
«Ma che ti fregava di prenderti così tanto impegno per quella Cristiana, o come si chiama? E che ti importa che quell'altro fosse innamorato o no? Se tu ci passavi sopra, anziché stare a pontileggiare su tutto, il pazzo finiva la sua storia e avremmo evitato di prendere altre botte»
«Vuoi dire "pontificare". In fede mia, Sergio, se tu sapessi come so io quale alta e valente eroina fu Dama Crysania e in qual modo fu ella abbandonata, troveresti che io sia stato estremamente tollerante nell'ascoltare gli spropositi di quello sventurato.»
«Sarà, ma quello è matto, e ai matti si dà ragione, perché se non avessi avuto il solito culo, quel sasso te lo saresti beccato in fronte anziché sul petto, e allora chi la proteggeva più la tua dama?»
«Se è obbligo dei paladini difendere l'onore del gentil sesso dai pazzi come dai savi, tanto più dovuto nei confronti di una donna che ha condiviso la nostra sorte di avventurieri, e anzi ha eccelso. Sappi che, pur tralasciando la sua grande bellezza, ha rinunciato ad una vita agiata per mettersi al servizio del Bene. Innamoratasi del potente quanto egoista Raistlin Majere cercherà di aiutarlo e redimerlo, ma l'unico risultato sarà di essere abbandonata e resa cieca. E pur priva della vista ha sempre continuato la propria lotta per il Bene.
Sbaglia dunque, e anzi mente, chi acclama Raistlin Majere come eroe degno di questo nome.»
«Io non acclamo niente, dico solo che dico come il proverbio che dice "chi si fa i fatti suoi campa cent'anni" e "donne e motori son gioie e dolori".»
«Santo Pelor, Sergio, ma che vai farneticando, e che c'entrano queste tue filastrocche?!
È meglio che torni al tuo silenzio e ti occupi di spingere il tuo Grigio.»

Ora il lettore attento si starà chiedendo da dove spunti il Grigio, ossia lo scooter di Sergio, visto che in precedenza ho raccontato di come fosse stato rubato da Gino Passamonte.
Ebbene, non lo so.
Narrare le mirabolanti imprese di Don Cyshiter è un fine gioco di ricerca, immaginazione, ricostruzione e scrittura. Nel processo qualcosa deve essere andato storto, ma questi sono i fatti così come li ho ricostruiti al meglio delle mie possibilità. E se tali fatti sembrano andar contro la logica, chi sono io per dire che non possa essere andata proprio così?
E siete voi forse ancora così ancorati alle concezioni di logica aristotelica da voler negare che se una cosa è stata portata via non può essere ancora presente?
Don Cyshiter insegna diversamente.
Ma torniamo a noi...

Si addentrarono non molto nel bosco, presto impossibilitati alla marcia dai propri mezzi a due ruote, e il paladino raccontò:
«Devi sapere che mi porta in questi luoghi, non tanto il desiderio di ritrovare il pazzo, quanto di impegnarmi per diventare il paladino più forte che solchi questa terra.»
«Non è che c'hai molta concorrenza, penso che si può fare. Ma come?»
«Questo dovrai essere tu a dirmelo.»
«Io?!»
«Sì, e se sarai sollecito a tornare di là dove ti invierò, sapremo presto la natura del mio addestramento.
E, sebbene non voglia alimentare più a lungo la tua curiosità, desidero prima che tu sappia che Arya Stark, gracile ragazzina nobile, diventerà indubbiamente uno dei più letali assassini dei Sette Regni grazie ad un rigidissimo addestramento. E come non ricordare i più grandi eroi dell'antica Grazia, i quali studiarono sotto lo sguardo severo di Chirone il centauro e ne uscirono esaltati nel corpo, nella scaltrezza e nelle doti combattive.
È facile, financo divertente, imitare questi eroi nello sconfiggere draghi e mostri; ma per ergermi oltre la schiera di egocentrici combattenti prezzolati devo, come i miei maestri, imparare il valore del sacrificio e della fatica.»
«Cioè, vorresti fare un allenamento, tipo Goku al palazzo del Supremo? Ma chi sarebbe che ti insegna?»
«Proprio qui sta la sublimità della mia preparazione. Non avendo alcun'ala protettrice che mi tuteli e mi preservi dai pericoli, sarò obbligato a spingermi oltre i limiti naturali per poter sopravvivere.
Ma per avere una guida divina in ciò che farò, ti invierò subito dall'incarnazione della mia dea Selune recando teco la mia richiesta di guidarmi ed ispirarmi in questa mia prova estrema.
Dal momento che in allenamento non mi servirò delle mie armi più forti, ti chiedo anche di trovare un fabbro che ripari l'Elmo della Luminanza, dal momento che in qualche scontro deve essersi rotta qualche gemma e deve aver perduto alcune proprietà magiche.»
«Quando tiri fuori queste storie di proprietà magiche, mi vien quasi da pensare che l'idea delle fanciulle riconoscenti e dell'harem che dovresti regalarmi sia tutta una balla. Come fai a pensare che sia un elmo magico? Si vede lontano un miglio che è un casco colorato con la vernice argentata. È una roba pacchianissima, secondo me quel motociclista che l'ha perso doveva essere una checca di quelle appariscenti, tipo quelli vestiti di pelle che ballano i Bee Gees.»
«A volte, Sergio, sei lo scudiero di classe ladro più inutile che io conosca; stupido come un Nano con le ascelle depilate. Possibile che, dopo tutte le avventure vissute insieme, tu non abbia ancora capito che l'elmo appare come un indesiderabile casco grazie ad un incantesimo di illusione? Prova ne sia il fatto che né il Stracciato né chi ha rubato il tuo scooter abbia tentato di portarlo via.
Custodiscilo, amico, che non mi è duopo servirmene adesso; ora debbo restare ignudo e privo d'armi per rendere più difficile l'addestramento che vado ad affrontare.»

Con questi ragionamenti giunsero in un'area picnic attrezzata con giochi per bambini, nel mezzo di una verde pineta costeggiata da un rigagnolo. Era ancora mattino presto e nessun turista aveva ancora invaso quel luogo ameno, così Don Cyshiter lo elesse come luogo d'addestramento.
Rimasto a torso nudo, si sdraiò in terra e prese a fare flessioni sulle braccia. Alla quinta flessione iniziò a contorcere il corpo ad ogni movimento per issarne un pezzo alla volta, dopo la nona rimase bloccato a metà strada con i gomiti larghi e tremanti.
«Osserva bene, Sergio, per poter riferire all'Avatar di Selune come il suo servo si spinga OLTRE I LIMITI DEL PROPRIO CORPO!» e urlando le ultime parole si sollevò completando il decimo piegamento.
Tornò in piedi e andò verso la motocicletta. Tolse il cavalletto, mise in folle e, impugnato il manubrio, fece per gettarla nel fiumiciattolo lì vicino.
«Vai Sgommodura, sii libera, che quando sarò pronto sarò più veloce di qualsiasi motocicletta, financo una prode vettura come te.»
«Oh, ma sei pirla!?!» Sergio con un balzo salvò la moto. «Piuttosto la uso io, visto che mi hanno fregato il Grigio.
Dov'è che volevi mandarmi?»
«Sia come vuoi. Non mi dispiace, o Sergio, di approvare il tuo consiglio.
Recati dunque a Robassomero e trova la dama dai capelli d'oro che chiamano Selene che suole ritrovarsi al bar della piazzetta sul far della sera. A lei dovrai consegnare la missiva che vado a scrivere, affinché ordini a quale inusitato addestramento debba io sottostare.»
«Come come?» Disse Sergio. «Selene la biondona sarebbe l'Avatar di cui parli sempre?»
«Così è, e merita ogni riverenza.»
«Sono pienamente d'accordo, e sono d'accordo pure tutti quelli di Robassomero, che ogni volta che passa tutti ci facciamo dietro la riverenza.
Ma lei non se la tira mica, ne. Non è di quelle che passano per strada e sembra ceh ce l'abbiano solo loro, è schietta: se le vai a genio ti invita a casa sua senza bisogno di tante smancerie, se invece non le piaci te lo dice chiaramente.
Io lo so perché una volta le ho offerto da bere e lei mi ha detto: "Sparisci tracagnotto." E ha fatto bene, preferisco questo che qualcun'altra che si faceva offrire l'aperitivo e poi se ne andava con qualcun altro dicendo "Ti chiamo io, tesoro".
Bella e sincera.
E poi con quei glutei che si ritrova scommetto che ne sa di palestra, fai bene a chiedere a lei per allenarti.
È solo che tu parli sempre di elfi e draghi e magie, e mi aspettavo che questa Avatar fosse qualcuna, chessò, più misteriosa, magari un po' nerd.»
«Voglio raccontarti una parabola: c'era una vedova giovane e bella, ricca e soprattutto allegra, che si invaghì di un immigrato gagliardo e nerboruto.
Un conoscente venne a saperlo e le disse: "Sono meravigliato che una donna della tua levatura si sia innamorata di un giovane di così vile estrazione, quando in questa città ci sono tanti giovani belli, ricchi e garbati."
Rispose la vedova con bel garbo e disinvoltura: "Ti sbagli di grosso se credi che la mia scelta sia caduta su un ignorante ed un immeritevole; per ciò che interessa a me, è meritevolissimo e ne sa più di qualsiasi Zichichi o Zagrebelsky."
Ebbene lo stesso si può dire di me, o Sergio. Lo scopo di un'Avatar è far sentire la vicinanza del dio ai suoi fedeli, ispirarli e sollevarli verso grandi imprese. Se io credo fermamente in lei e lascio che ella mi sia da guida spirituale, vale tanto Selene di Robassomero quanto qualsiasi astrologa, qualsiasi medium o qualsiasi diva del cinema che abbia dato corpo alle fantasie di noi sognatori.
Perché solo nell'iperuranio della mente la fantasia può essere perfetta, ed è quindi il mio spirito a ridipingere Selene delle qualità necessarie a farne una dea incarnata.»

«Ne sai sempre una più del diavolo, mi hai convinto.
Ora diamoci da fare, scrivi questa lettera di richiesta che devo portare.»
«Potrei anche solo dirti alcune parole, che tu potresti tenere a memoria e riferire.»
«Meglio scriverla, che a memoria non riesco a ricordarmi nemmeno il mio numero di telefono o la taglia delle mie mutande, che ogni volta che vado al mercato a comprarle è un casino.»
Dal diario dello Stracciato d'infelice aspetto, Sergio strappò un paio di pagine, mentre Don Cyshiter trasse di taca una penna, una delle numerose cianfrusaglie che portava con sé per ogni evenienza.
«Però leggimela lo stesso la lettera, che scommetto che sarà divertente.»
Così diceva la lettera:
Mia sovrana Signora,

Sconfitto con l'inganno eppure indomito, a Voi mi rivolgo mia splendente Signora Selene di Robassomero, affinché mi guidiate attraverso sfiancanti e terrificanti fatiche, in su la soglia della morte, donde io ritorni più prode e forte che mai.
Severa lezione mi fu la mancanza del sostegno della mia Dea nella pugna, ma più severa guida io merito e posso sopportare. Mi prostro ai vostri piedi affinché, più degno e saggio, io mi rialzi imbattibile tramite della Vostra potenza divina.

Vostro infino alla morte,
Don Cyshiter della Mandria, il paladino dalla Trista Figura

«Beh, mi pare che abbia un tono molto maestoso, però siccome dopotutto la scrivi per una ragazza, ti consiglio di togliere il riferimento ai tuoi vizietti e invece mettere dei gattini.»
«Vizietti? Gattini? O che tu vai farneticando, Sergio?»
«Eh, la foto di un gattino quando scrivi ad una ragazza ci sta sempre, fai colpo sicuro. E invece è meglio non dire che ti manca il suo sostegno quando fai le pugnette.»
«Ignorante bifolco di un ladro senza onore!
La PUGNA è la battaglia! La BATTAGLIA, ritardato!
E poi come vuoi che io mandi la foto di un gattino, questa è una lettera, non un MMS!»
«Guarda che non c'è niente da vergognarsi...» Ma vedendo il furore che montava negli occhi del paladino, cercò di cambiare discorso.
«E riguardo all'assegno che mi avevi promesso per ripagare lo scooter?»
«Non ho certo un blocchetto di assegni qui nella foresta.
Accontentati delle chiavi di Sgommodura per il momento, avrai il tuo fio quando sarò tornato alla mia dimora.
Ma prima che tu vada, voglio che tu assista almeno alle prime ore di allenamento, affinché tu possa con sincerità riferire quanto io stia portando all'estremo la mia capacità di sopportazione.»
«Guarda, ma anche no. Sulla sopportazione e sul fatto che tu ti spacchi la schiena mi sento di poter giurare ad occhi chiusi.»
Intanto Don Cyshiter già tirava al vento, poi fermandosi faceva ampi gesti con le braccia come se raccogliesse qualche tipo di energia, e quindi riprendeva a schiaffeggiare le mosche.
«Pensandoci, se solo avessi una telecamera...» Sergio si fermò ad ammirare il suo amico che prendeva a colpi di tibia un grosso albero, per cadere a terra al terzo calcio, gemendo a denti stretti: «Selune dammi la forza...»
Lo scudiero sostò un poco per bearsi di quello spettacolo, poi quando pensò di esserne sazio montò in sella e partì per la sua strada, dove lo lasceremo andare fino al prossimo capitolo.

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