Seguita la storia "Dove vanno a finire i calzini spaiati?"
Finché
si abita in una sorta di centro sociale si accetta volentieri di
vivere fianco a fianco con Spiriti e Folletti, ma nella vita di
coppia ci sono alcuni momenti in cui si vorrebbe avere la certezza di
essere soli. Mi adoperai quindi per capire se in casa avessimo
veramente ospiti, e eventualmente di che tipo esatto di presenze si
trattasse. L’esperienza mi aveva insegnato che la prima cosa da
fare era lasciare delle piccole offerte, dolcetti o cose simili. In
base al tipo di offerte che avrebbe gradito, avrei anche potuto
intuire con che tipo di Spiritello avevamo a che fare.
Scoprii
che i miei biscotti della colazione non interessavano a questi magici
ospiti torinesi, né altro cibo che avevamo in casa. Chiesi un paio
di volte a Viola, che solitamente si occupava della spesa, di
prendere qualche dolcetto più sfizioso ma anche questo non funzionò.
«Hai
preso i gianduiotti che ti avevo chiesto?»
«Sì,
li ho presi… ma poi mi annoiavo e li ho mangiati!»
Insomma,
il tempo passava ed io semplicemente mi abituavo ad usare calzini
spaiati. Fortunatamente porto solo calzini neri e lunghi, penso che
nessuno abbia mai notato la piccola asimmetria del mio vestiario.
Ebbi
un primo indizio mesi dopo, in un periodo in cui avevamo partecipato
ai matrimoni di alcuni amici e parenti.
«Viola,
che fine hanno fatto i confetti del matrimonio di ieri? Li avevo
posati qui sul tavolo.»
«Pensavo
li avessi presi tu insieme a quelli del matrimonio di tuo cugino.
Credevo stessi facendo un campionario per scegliere i più buoni,
sai, per quando dovremo sceglierli noi.»
«Figurati.
Io non li ho toccati, e nemmeno quelli di mio cugino.»
«Ah
no? Saranno stati i Folletti allora.»
Il
tono un po’ scocciato della mia ragazza mi faceva capire che questa
storia delle sparizioni le dava sempre più fastidio. Per fortuna
però avevo l’indizio dei confetti da cui partire. Decisi di
chiedere consiglio ad un caro amico.
L’amico
di cui parlo è una persona di una certa notorietà impegnato in
politica e in una serie di altre attività in vista, mi ha
gentilmente chiesto di non fare il suo nome, per cui mi limiterò a
chiamarlo “il mio amico saggio”.
Lo
andai a trovare una domenica, come faccio ogni tanto, e gli raccontai
tutta la storia. Conosceva già le mie precedenti esperienze con lo
Scazzamurrillo e sapevo che non mi avrebbe preso in giro.
«Devo
capire con chi abbiamo a che fare, non si tratta solo delle calze,
questa storia sta minando la nostra serenità domestica.»
Lui
mi guardava, facendo respirare un calice di vino, che mi aveva
offerto come da abitudine, e che come da abitudine avevo declinato.
«Mi
sembra un po’ fragile come scusa per non sposarti.» Se ne uscì.
«Sposarmi?
Cosa c’entra? Scusa, come faccio ad essere certo di saper portare
avanti per tutta la vita la convivenza con Viola se non riusciamo
nemmeno a gestire la biancheria?»
«Ovvio
che tu non possa esserne certo. Ma puoi essere sicuro di ciò che
vuoi adesso. E se tu oggi vuoi stare con lei per il resto della vita,
allora sarà meglio che ti dia da fare.»
«Ok,
ma che fretta c’è? Siamo giovani, stiamo facendo le prove
generali.»
«Non
c’è prova che ti possa assicurare come sarà il vostro rapporto
fra trent’anni.
Capisco
che vogliate rendervi conto di cosa significa essere una coppia, c’è
però un confine fra provare e tergiversare. Può essere un confine
sottile ma sono sicuro che in fondo tu sappia se lo stai passando o
meno.»
Il
silenzio rimbombò per un attimo nell’ampio salone di casa del mio
amico.
«Non
so,» borbottai, «può darsi. Tu cosa ne pensi?»
«Penso
che chiunque vi stia rubando i calzini non si limiterà a quello.
Però potrebbe non essere così terribile, in fondo anche lo
Scazzamurrillo faceva sparire delle cose, eppure vi faceva piacere,
no?»
«È
ancora valida l’offerta del vino?»